LE SFIDE PER IL PRESIDENTE NIGERIANO BUHARI
LE SFIDE PER IL
PRESIDENTE NIGERIANO BUHARI
Il 31 dicembre ha segnato per tutti la fine di un anno difficile sotto vari aspetti. In Nigeria, ha anche rappresentato la deadline che l’attuale presidente Muhammadu Buhari si era dato al momento della sua elezione lo scorso maggio per la sconfitta definitiva del gruppo terroristico Boko Haram, responsabile della morte di più di 17.000 persone.
Una grande promessa che sicuramente ha inciso sul risultato elettorale. Buhari ha infatti ottenuto quasi tre milioni di voti di scarto sull’uscente Goodluck Jonathan.
Ma si sa, una cosa è vincere le elezioni, altra cosa è governare un paese. Oltre ad avere avuto bisogno di ben cinque mesi per formare il governo, dopo non poche critiche da parte degli investitori internazionali, la scadenza per la sconfitta di Boko Haram non è stata rispettata. I massacri continuano – sono almeno 50 i morti solo la scorsa settimana – anche se l’esercito nigeriano è riuscito a riconquistare alcune fette di territorio e a respingere il gruppo terroristico che si sta estendendo invece nei paesi vicini, Ciad, Camerun e Niger.
Dal palazzo presidenziale si guarda comunque positivamente a questi piccoli risultati e si parla di “incapacità da parte di Boko Haram di sferrare attacchi significativi come in passato”. Lo stesso presidente Buhari considera i terroristi “tecnicamente” sconfitti. La situazione rimane però molto allarmante e tragica e la cosiddetta “sconfitta tecnica” di Boko Haram è solo un modo per sdrammatizzare i massacri che rimangono all’ordine del giorno.
I problemi di Buhari non sono solo il terrorismo – ahimè non poca cosa – o il rispetto delle promesse elettorali, ma anche e soprattutto la liberazione delle studentesse rapite il mese di aprile 2014 a Chibok, nello stato di Borno a nordest del paese, e letteralmente sparite. Non è l’unico caso di rapimento ma la notizia ha fatto il giro del mondo sollevando un’ondata di indignazione. Un impegno importante per il presidente nigeriano che pochi giorni fa ha dichiarato di essere pronto a negoziare senza alcun pregiudizio la liberazione delle studentesse se il gruppo armato fosse capace di identificare una leadership credibile e dopo essersi assicurato che le ragazze sono ancora vive.
Poi, non meno incombente è la questione riguardante la liberazione di Nnamdi Kanu, leader del movimento separatista che rivendica l’indipendenza del Biafra, province sudorientali a maggioranza Igbo indipendenti tra il 1967 e 1970.
Accusato di cospirazione e appartenenza ad un’organizzazione illegale, viene arrestato dal Dipartimento dei Servizi di Stato (DSS) a Lagos nel mese di ottobre. Da allora, migliaia di persone sono scese in piazza per chiedere il suo rilascio, rinnovando la richiesta di indipendenza del Biafra. Le accuse sono cadute a dicembre quando l’Alta Corte di Abuja ha considerato il suo arresto “illegale”, ma Kanu non è stato ancora liberato. Alcune fonti parlano di diversi morti tra i manifestanti, ma le informazioni non sono sempre precise.
Attribuire le agitazioni all’arresto di Kanu è tuttavia solo parzialmente vero. Da anni infatti il Movimento per l'attualizzazione di uno Stato sovrano del Biafra (MASSOB) e il popolo indigeno del Biafra (IPOB) accusano il governo nigeriano di emarginare gli Igbo, un problema mai affrontato dal precedente governo e ignorato anche da quello attuale.
E se non bastasse, Buhari, che ha ottenuto poco sostegno elettorale nel sud est del paese, ha dichiarato che avrebbe trattato diversamente chi lo ha sostenuto e chi no. La liberazione di Nnamdi Kanu è quindi solo un pretesto e sicuramente non aiuterà a lenire le tensioni in quella parte della Nigeria.
Solo il tempo, speriamo breve, ci potrà dire come e se Buhari riuscirà non solo a mantenere le promesse elettorali ma anche a migliorare la difficile situazione preesistente.
Una grande promessa che sicuramente ha inciso sul risultato elettorale. Buhari ha infatti ottenuto quasi tre milioni di voti di scarto sull’uscente Goodluck Jonathan.
Ma si sa, una cosa è vincere le elezioni, altra cosa è governare un paese. Oltre ad avere avuto bisogno di ben cinque mesi per formare il governo, dopo non poche critiche da parte degli investitori internazionali, la scadenza per la sconfitta di Boko Haram non è stata rispettata. I massacri continuano – sono almeno 50 i morti solo la scorsa settimana – anche se l’esercito nigeriano è riuscito a riconquistare alcune fette di territorio e a respingere il gruppo terroristico che si sta estendendo invece nei paesi vicini, Ciad, Camerun e Niger.
Dal palazzo presidenziale si guarda comunque positivamente a questi piccoli risultati e si parla di “incapacità da parte di Boko Haram di sferrare attacchi significativi come in passato”. Lo stesso presidente Buhari considera i terroristi “tecnicamente” sconfitti. La situazione rimane però molto allarmante e tragica e la cosiddetta “sconfitta tecnica” di Boko Haram è solo un modo per sdrammatizzare i massacri che rimangono all’ordine del giorno.
I problemi di Buhari non sono solo il terrorismo – ahimè non poca cosa – o il rispetto delle promesse elettorali, ma anche e soprattutto la liberazione delle studentesse rapite il mese di aprile 2014 a Chibok, nello stato di Borno a nordest del paese, e letteralmente sparite. Non è l’unico caso di rapimento ma la notizia ha fatto il giro del mondo sollevando un’ondata di indignazione. Un impegno importante per il presidente nigeriano che pochi giorni fa ha dichiarato di essere pronto a negoziare senza alcun pregiudizio la liberazione delle studentesse se il gruppo armato fosse capace di identificare una leadership credibile e dopo essersi assicurato che le ragazze sono ancora vive.
Poi, non meno incombente è la questione riguardante la liberazione di Nnamdi Kanu, leader del movimento separatista che rivendica l’indipendenza del Biafra, province sudorientali a maggioranza Igbo indipendenti tra il 1967 e 1970.
Accusato di cospirazione e appartenenza ad un’organizzazione illegale, viene arrestato dal Dipartimento dei Servizi di Stato (DSS) a Lagos nel mese di ottobre. Da allora, migliaia di persone sono scese in piazza per chiedere il suo rilascio, rinnovando la richiesta di indipendenza del Biafra. Le accuse sono cadute a dicembre quando l’Alta Corte di Abuja ha considerato il suo arresto “illegale”, ma Kanu non è stato ancora liberato. Alcune fonti parlano di diversi morti tra i manifestanti, ma le informazioni non sono sempre precise.
Attribuire le agitazioni all’arresto di Kanu è tuttavia solo parzialmente vero. Da anni infatti il Movimento per l'attualizzazione di uno Stato sovrano del Biafra (MASSOB) e il popolo indigeno del Biafra (IPOB) accusano il governo nigeriano di emarginare gli Igbo, un problema mai affrontato dal precedente governo e ignorato anche da quello attuale.
E se non bastasse, Buhari, che ha ottenuto poco sostegno elettorale nel sud est del paese, ha dichiarato che avrebbe trattato diversamente chi lo ha sostenuto e chi no. La liberazione di Nnamdi Kanu è quindi solo un pretesto e sicuramente non aiuterà a lenire le tensioni in quella parte della Nigeria.
Solo il tempo, speriamo breve, ci potrà dire come e se Buhari riuscirà non solo a mantenere le promesse elettorali ma anche a migliorare la difficile situazione preesistente.
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