AD APRILE 2018 LE ELEZIONI IN REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO, L’ACCORDO FIRMATO OGGI POMERIGGIO
Un gruppo ristretto, costituito da 15 membri
appartenenti a Maggioranza, Opposizione favorevole al dialogo e alla Società
Civile, firmerà oggi pomeriggio l’accordo che fissa ad aprile 2018 la data
delle elezioni nella Repubblica Democratica del Congo (RDC). L’appuntamento
elettorale avrebbe dovuto tenersi il 27 novembre di quest’anno ma era stato
rinviato a dicembre dall’attuale presidente Joseph Kabila per “permettere al
paese di prepararsi meglio” e per lasciare il tempo agli elettori di
registrarsi nelle liste elettorali. Il nuovo spostamento delle elezioni ad
aprile 2018 è stato approvato dalla Corte Costituzionale, non senza forti
critiche sull’operare dei giudici “considerato anticostituzionale”.
Si tratta
di un lungo periodo di transizione che lascerà il potere a Kabila anche dopo la
data di scadenza del suo secondo mandato il 19 dicembre. L’accordo prevede
anche un primo ministro espressione dell’opposizione che ha preso parte al
dialogo e la costituzione di un comitato incaricato di seguire lo sviluppo del
processo elettorale.
Le reazioni non si sono certamente fatte attendere. Il rinvio delle elezioni aveva portato già lo scorso mese a proteste nella capitale di Kinshasa, represse violentemente. Ora, la frangia più radicale dell’opposizione, schierata con Etienne Tshisekedi, ha indetto uno sciopero per mercoledì 19 ottobre con l’obiettivo di costringere Kabila a lasciare la presidenza alla fine del suo mandato. L’accusa più grande rivolta a Kabila è quella di volere rinviare le elezioni per tentare la carta della modifica alla costituzione e quindi accedere ad un terzo mandato. L’ONU, riunitosi ieri, ha parlato di un rinvio «inaccettabile» e ha avanzato la richiesta di elezioni da tenersi il prima possibile nel 2017.
Le reazioni non si sono certamente fatte attendere. Il rinvio delle elezioni aveva portato già lo scorso mese a proteste nella capitale di Kinshasa, represse violentemente. Ora, la frangia più radicale dell’opposizione, schierata con Etienne Tshisekedi, ha indetto uno sciopero per mercoledì 19 ottobre con l’obiettivo di costringere Kabila a lasciare la presidenza alla fine del suo mandato. L’accusa più grande rivolta a Kabila è quella di volere rinviare le elezioni per tentare la carta della modifica alla costituzione e quindi accedere ad un terzo mandato. L’ONU, riunitosi ieri, ha parlato di un rinvio «inaccettabile» e ha avanzato la richiesta di elezioni da tenersi il prima possibile nel 2017.
La situazione in RDC difficilmente si placherà
soprattutto perché rimane il problema del Beni, zona del Nord Kivu, al confine
tra Uganda e Rwanda, che beneficia di un sottosuolo ricchissimo, in particolare
di coltan (una materia prima preziosissima sia nell’elettronica che nel settore
degli acciai speciali ndr). Numerosi sono gli attacchi contro civili che il
governo di Kinshasa attribuisce ad un gruppo islamista ugandese
"Adf". Secondo altri, sarebbero coinvolte nelle violenze le
"Fdlr", forze costituite dai vecchi combattenti ruandesi scappati accusati
di genocidio. Per la popolazione, la responsabilità sarebbe da attribuire anche
al governo di Kinshasa.
I dati ufficiali parlano di 700 morti a partire dal
2014 con numerosi sfollati. Non si tratta di numeri altissimi, visto quello che
sta succedendo in altre parti del mondo, ma quello che impressiona di più è
l’efferatezza con la quale queste persone vengono massacrate e il disinteresse
dimostrato da Kabila, cosa che sicuramente danneggia ulteriormente la sua
popolarità.
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