DONNE IN CARNIA
![]() |
Anni '50. Donne al rientro dai campi (ph. G. Segalla) |
La femine a ten su tre cjantons da cjase o a ju sdrume ducj cuatri
“La donna sorregge tre angoli di casa o li demolisce tutti e quattro”
Proverbio
friulano che ben si addice alle donne della Carnia, fondamentali nell’economia
e nella vita familiare, per natura forti e tenaci, ma anche capaci di grandi
decisioni. Insomma donne a 360°!
Della centralità
e dell’importanza della donna non ha tenuto memoria solo la cultura friulana.
Un proverbio africano recita, facendo quasi da ecco al detto del Friuli, “Se le
donne abbassassero le braccia, il cielo cadrebbe”. Due visioni comuni da due
territori culturali quasi agli antipodi, sostenute da numerose altre
testimonianze, che conferisce all’autorevolezza della donna un senso atavico.
Spesso relegata ai margini della
società tutta al maschile, cosa che purtroppo persiste ancora oggi, non sono
tuttavia mancate nella storia di ogni tempo ‘grandi donne’… e la Carnia non è
certamente da meno.
Pensiamo al secolo scorso quando
il territorio carnico è stato segnato da una forte emigrazione che non
prevedeva assolutamente lo spostamento di intere famiglie. Così, dai primi
movimenti che portavano gli uomini lontani da casa per tutta la stagione
invernale, per farli poi rientrare a primavera, si è passati all’emigrazione
non più scandite dalle stagioni ma protratta su lunghi periodi. Ebbene le case
venivano amministrate esclusivamente dalle mogli che potevano contare, forse,
sui soldi che i mariti mandavano ma soprattutto sulla loro capacità di gestire
figli, campi, animali, orti, ecc. E se nelle case non c’erano maschi per
provvedere ai lavori più pesanti, erano le donne che si assumevano anche i
compiti più faticosi.
La casa diventava così una
piccola impresa a gestione familiare con a capo la moglie. Ma chi poteva
contare sulla presenza del marito non aveva sempre un supporto o sostegno significativo.
Un carnica di 82 anni mi parla dei suoi dolori fisici precisando: “Sai con la
vita che ho fatto”. Lei che non ha vissuto l’emigrazione, che ha solo, si fa
per dire, badato alla casa. “Mezz’ora di camminata in salita per andare a dare
da mangiare alle mucche; due volte al giorno e a casa due figlio e mio marito.
Tre uomini”, come se la presenza maschile fosse più di peso che d’aiuto. Perché
sì, l’uomo lavorava, ma terminato il suo lavoro, terminava anche i suoi impegni
e le sue incombenze mentre alla donna toccava provvedere anche alle esigenze di
tutta la famiglia.
E le donne in Carnia non si sono
mai risparmiate. Le Portatrici ne sono un grande esempio: nel momento del
bisogno non hanno esitato a mettersi a
disposizione dei comandi militari per trasportare a spalla quanto occorreva
agli uomini della prima linea durante la Grande Guerra. Queste donne sono
oggi doverosamente ricordate nella storiografia e, alle poche
sopravvissute, è stata conferita dal Presidente della Repubblica la massima
onorificenza militare.
Questa attività
non era molto diversa, in tempo di pace, da quanto fatto dalle farinarie, donne che
assolvevano al faticoso compito di trasportare, sempre a spalla, mediante la
gerla, i fabbisogni alimentari e le necessarie masserizie dal fondovalle alle
malghe.
Eppure la donna carnica è andata
avanti e non si è limitata a provvedere alle semplici necessità della casa e al
sostentamento della famiglia, ma ha ampliato i suoi orizzonti, distinguendosi
in vari ambiti, anche se molte di loro che hanno raggiunto brillanti risultati,
ricordano più volentieri il fatto che sono riuscite “a tirare su” i propri
figli.
Non è quindi un
caso se in Carnia le imprese femminili raggiungono il 27 per cento rispetto
alla rimanente provincia di Udine che si assesta al 23 per cento. Imprese
spesso ereditate dai padri, ma anche imprese ex novo dirette
da donne che partecipano attivamente alle necessità familiare con una propria
attività. E questa percentuale non tiene conto di quelle imprese, soprattutto
agricole, dove la moglie affianca il marito nella sua attività.
Donne impegnate
in vari settori imprenditoriali, a capo di aziende agricole, commerciali ma
anche nel settore terziario e, se oggi il mestiere dell’artista non viene quasi
più riconosciuto come tale, non mancano neppure donne carniche che si sono
distinte nell’arte e nella letteratura.
Come
non ricordare le scrittrici Gina Marpillero, Amelia Artico, Novella del Fabbro,
Dolores Iob, Manuela Quaglia, Raffaella Cargnelutti, e molte altre ancora che
tanto si sono prodigate e si prodigano con i loro scritti a mantenere viva la
memoria del loro territorio con una prosa che non ha nulla da invidiare a
figure letterarie più note.
E la Carnia è anche fucina di
artisti-donne: se oggi la Carnia viene ricordata nelle sue bellezze e
tradizioni, molto si deve a fotografe del calibro di Ulderica Da Pozzo e della
compianta Gigliola Di Piazza che mi aveva confidato, in occasione di una sua
vacanza a Forni Avoltri, “a sforcja mi sostenti” (vangare la terra mi
appaga), testimoniando così il suo forte attaccamento alla sua terra.
Anche la pittura è stata
abilmente sperimentata da donne carniche: oltre a Cornelia Corbellini,
ricordiamo Alpina Della Martina, Barbara Picotti, ma anche Manuela Plazzotta,
ben nota per le sue installazioni, e molte altre ancora.
Non esistono confini per le donne
della Carnia che si sono distinte negli anni anche nello sport che praticano
con costanza raggiungendo anche ottimi risultati senza guadagnare sempre le
prime pagine dei giornali.
Una
Carnia al femminile che ha visto il personaggio “donna” presente, spesso in
silenzio, ma comunque sempre in modo incisivo nella società.
Commenti
Posta un commento