TOGO: IN PIAZZA CONTRO LA PRESIDENZA A VITA DI FAURE GNASSINGBÉ
L’OBIETTIVO DELL’OPPOSIZIONE CHE È TORNATA IN PIAZZA È CHE LA FAMIGLIA GNASSINGBÉ CHE DA PIÙ DI 50 ANNI DETIENE IL POTERE ESCA DI SCENA
La settimana scorsa è stata segnata in Togo da importanti eventi: oltre alla costituzione di una ‘coalizione centrista’, ufficializzata venerdì 13 aprile, alle proteste in piazze di mercoledì 11, giovedì 12 e sabato 14 aprile, la capitale Lomé ha ospitato, sabato 14 aprile, la conferenza straordinaria della Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS), programmata per affrontare i problemi della Guinea Bissau, caduta in una profonda crisi politica da quando il Presidente Jose Mario Vaz ha licenziato il suo Primo Ministro Domingos Simoes Pereira.
La concomitanza di un evento che ha richiamato undici capi di Stato, due vice-presidenti e due Ministri africani con le proteste di piazza non sembra avere molto turbato i politici. L’argomento ‘Togo’ è stato infatti trattato solo brevemente e sintetizzato con la richiesta di evitare atti di violenza, la nomina a ‘facilitatori’ dei presidenti Nana Addo Dankwa Akufo-Addo del Ghana e Alpha Condé della Guinea (Conakry), già coinvolti nella risoluzione della crisi togolese, e l’adozione di disposizioni da parte della ECOWAS a sostegno dei due mediatori.L’interesse per la situazione del Paese ospitante sembra essere stato solo marginale, forse perché i rappresentanti dei governi presenti sedevano al tavolo delle discussioni con il Presidente togolese Faure Gnassingbé. Eppure è stato ufficialmente riconosciuto che le manifestazioni pacifiche -nessun manifestante è mai stato armato- sono sempre state duramente represse dalle forze di sicurezze, compreso l’Esercito.L’appello a riprendere le manifestazioni, interrotte il 19 febbraio quando si era aperto un possibile dialogo tra opposizione e governo, era stato lanciato dalla coalizione dei 14 partiti di opposizione per il mancato rispetto delle raccomandazioni alla base del dialogo, in particolare l’adozione di misure distensive, evitando arresti arbitrari, torture e coercizione militare, e la sospensione dell’organizzazione unilaterale delle consultazioni elettorali.
Le basi per aprire un fattivo dialogo sono per ora molto fragili se non del tutto inesistenti. In realtà, è difficile pensare che si possa realizzare dal momento che la richiesta dell’opposizione è praticamente unica: il ritorno alla Costituzione del 1992.Sarebbe una cosa possibile da discutere, senonché impedirebbe all’attuale Presidente Gnassingbé di ripresentarsi per un terzo mandato, lasciando così il Governo del Paese detenuto dalla sua famiglia da più di 50 anni.In Togo, la Costituzione del 1992 è stata modificata prima nel 2003, permettendo così a Etienne Gnassingbé Eyadéma, padre dell’attuale Presidente, di farsi rieleggere per un terzo mandato di cinque anni alla fine dei suoi 36 anni di potere, e di rafforzare i suoi diritti a scapito del Primo Ministro, inizialmente a capo della politica del Paese, poi semplice esecutore della volontà del Presidente.
Alla sua morte nel 2005, il Parlamento è intervenuto immediatamente per un’altra modifica che ha permesso la sostituzione con suo figlio Faure Gnassingbé, con una delle più memorabili prevaricazioni, visto che la Costituzione vietava formalmente revisioni costituzionali nei periodi ad interim o di vacanza a livello dell’istituzione presidenziale. L’età di eleggibilità del presidente è passata da 45 anni a 35 e sono state tolte le disposizioni che davano, nel caso di vacanza della presidenza, per decesso, dimissioni o impedimento definitivo, la funzione presidenziale al presidente dell’assemblea nazionale. Insomma, ritocchi qua e là che hanno mantenuto al potere un’unica famiglia, come è avvenuto peraltro, pur in un altro contesto, nella Repubblica Democratica del Congo: nel gennaio 2001, dopo l’assassinio di Laurent-Desiré Kabila, fu un ragazzo di appena 29 anni a salire al timone di un Paese sterminato divorato dalla violenza, ovvero Joseph Kabila.
Come in molti altri Paesi africani, le revisioni costituzionali hanno sostanzialmente rinforzato le prerogative devolute al presidente, abrogando il limite dei mandati, cedendo ai piaceri dell’autocrazia.In Uganda, la modifica del 2005 permette a Yoweri Museveni di rimanere ancora al timone del Paese dopo la sua vittoria militare del 1986. Idriss Déby presidente del Ciad, è al suo quinto mandato, in Burundi, Pierre Nkurunziza, in sella dal 2005, è stato rieletto per la terza volta.Per tacitare l’opposizione, la violenza è all’ordine del giorno ma, di fronte al rifiuto dell’alternanza democratica, i putschisti costituzionali si scontrano oggi maggiormente con la popolazione che chiede istituzioni pensate in termini di legittimità e non di opportunità per un dirigente di nominare e fare eleggere le persone a lui vicine.
Se quindi Faure Gnassingbé può sembrare il grande cruccio del Togo, in realtà l’interesse dell’opposizione è rivolto alla democratizzazione del Paese con il ritorno allo spirito originario della Costituzione del 1992.
La concomitanza di un evento che ha richiamato undici capi di Stato, due vice-presidenti e due Ministri africani con le proteste di piazza non sembra avere molto turbato i politici. L’argomento ‘Togo’ è stato infatti trattato solo brevemente e sintetizzato con la richiesta di evitare atti di violenza, la nomina a ‘facilitatori’ dei presidenti Nana Addo Dankwa Akufo-Addo del Ghana e Alpha Condé della Guinea (Conakry), già coinvolti nella risoluzione della crisi togolese, e l’adozione di disposizioni da parte della ECOWAS a sostegno dei due mediatori.L’interesse per la situazione del Paese ospitante sembra essere stato solo marginale, forse perché i rappresentanti dei governi presenti sedevano al tavolo delle discussioni con il Presidente togolese Faure Gnassingbé. Eppure è stato ufficialmente riconosciuto che le manifestazioni pacifiche -nessun manifestante è mai stato armato- sono sempre state duramente represse dalle forze di sicurezze, compreso l’Esercito.L’appello a riprendere le manifestazioni, interrotte il 19 febbraio quando si era aperto un possibile dialogo tra opposizione e governo, era stato lanciato dalla coalizione dei 14 partiti di opposizione per il mancato rispetto delle raccomandazioni alla base del dialogo, in particolare l’adozione di misure distensive, evitando arresti arbitrari, torture e coercizione militare, e la sospensione dell’organizzazione unilaterale delle consultazioni elettorali.
Le basi per aprire un fattivo dialogo sono per ora molto fragili se non del tutto inesistenti. In realtà, è difficile pensare che si possa realizzare dal momento che la richiesta dell’opposizione è praticamente unica: il ritorno alla Costituzione del 1992.Sarebbe una cosa possibile da discutere, senonché impedirebbe all’attuale Presidente Gnassingbé di ripresentarsi per un terzo mandato, lasciando così il Governo del Paese detenuto dalla sua famiglia da più di 50 anni.In Togo, la Costituzione del 1992 è stata modificata prima nel 2003, permettendo così a Etienne Gnassingbé Eyadéma, padre dell’attuale Presidente, di farsi rieleggere per un terzo mandato di cinque anni alla fine dei suoi 36 anni di potere, e di rafforzare i suoi diritti a scapito del Primo Ministro, inizialmente a capo della politica del Paese, poi semplice esecutore della volontà del Presidente.
Alla sua morte nel 2005, il Parlamento è intervenuto immediatamente per un’altra modifica che ha permesso la sostituzione con suo figlio Faure Gnassingbé, con una delle più memorabili prevaricazioni, visto che la Costituzione vietava formalmente revisioni costituzionali nei periodi ad interim o di vacanza a livello dell’istituzione presidenziale. L’età di eleggibilità del presidente è passata da 45 anni a 35 e sono state tolte le disposizioni che davano, nel caso di vacanza della presidenza, per decesso, dimissioni o impedimento definitivo, la funzione presidenziale al presidente dell’assemblea nazionale. Insomma, ritocchi qua e là che hanno mantenuto al potere un’unica famiglia, come è avvenuto peraltro, pur in un altro contesto, nella Repubblica Democratica del Congo: nel gennaio 2001, dopo l’assassinio di Laurent-Desiré Kabila, fu un ragazzo di appena 29 anni a salire al timone di un Paese sterminato divorato dalla violenza, ovvero Joseph Kabila.
Come in molti altri Paesi africani, le revisioni costituzionali hanno sostanzialmente rinforzato le prerogative devolute al presidente, abrogando il limite dei mandati, cedendo ai piaceri dell’autocrazia.In Uganda, la modifica del 2005 permette a Yoweri Museveni di rimanere ancora al timone del Paese dopo la sua vittoria militare del 1986. Idriss Déby presidente del Ciad, è al suo quinto mandato, in Burundi, Pierre Nkurunziza, in sella dal 2005, è stato rieletto per la terza volta.Per tacitare l’opposizione, la violenza è all’ordine del giorno ma, di fronte al rifiuto dell’alternanza democratica, i putschisti costituzionali si scontrano oggi maggiormente con la popolazione che chiede istituzioni pensate in termini di legittimità e non di opportunità per un dirigente di nominare e fare eleggere le persone a lui vicine.
Se quindi Faure Gnassingbé può sembrare il grande cruccio del Togo, in realtà l’interesse dell’opposizione è rivolto alla democratizzazione del Paese con il ritorno allo spirito originario della Costituzione del 1992.
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