SUDAN E SUD SUDAN SULLA VIA DELLA PACE?
I DUE PRESIDENTI SI SONO INCONTRATI NELLA CAPITALE SUDANESE DI KHARTOUM, IL 1° E 2 NOVEMBRE, PER DISCUTERE E MIGLIORARE L’ACCORDO DI COOPERAZIONE FIRMATO NEL 2012
Con
grande stupore si è assistito all’abbraccio, o poco meno, tra il presidente del
Sudan Omar Al-Bashir e
il suo omologo del Sud Sudan Salva
Kiir Mayardit. I due presidenti si sono incontrati nella
capitale sudanese di Khartoum, il 1° e 2 novembre, per discutere e migliorare
l’Accordo di Cooperazione firmato nel 2012 e quindi per mettere la parola
‘fine’ alle tensioni esistenti tra i due paesi fin dal luglio 2011 quando il
Sud, a maggioranza cristiana, si è staccato dal Nord musulmano dopo ben 22 anni
di guerra civile, la più lunga in tutta l’Africa.
Prima questione trattata, quella del petrolio, la
grande ricchezza del governo di Juba che deve pagare al Sudan tasse di transito
per l’esportazione del greggio.
Se il Sud Sudan dispone di
circa l’80% dei giacimenti petroliferi, d’altro canto l’assenza di
sbocchi sul mare e di infrastrutture di lavorazione, raffinazione e di
distribuzione lo costringono a pagare royalties a Khartoum per il transito
del greggio verso il principale porto commerciale della regione. Con un’economia
che dipende principalmente dal petrolio, la caduta dei prezzi del greggio ha
accentuato le difficoltà già esistenti nel paese, soprattutto a causa del
conflitto etnico scoppiato nel 2013 tra i Dinka, il gruppo etnico di Kiir e il più numeroso del
Paese, e i Nuer, cui
appartiene invece l’ex vicepresidente Riek Machar accusato di avere tentato un
colpo di stato.
Secondo quanto riferito dal ministro
dell’informazione sud sudanese, Michael Makuei Lueth, il suo Paese si è detto
pronto a saldare i debiti dovuti al Sudan che ammonterebbero a circa 262
milioni di dollari. Il Sudan, da parte sua, si è impegnato a pagare le
pensioni arretrate dovute ai funzionari sud sudanesi che hanno prestato
servizio prima della secessione.
Un altro segno di apertura è stato dato da Kiir che si è congratulato con il
governo del Sudan per la revoca delle sanzioni degli Stati Uniti, fatto che
potrebbe permettere di attrarre maggiormente gli investitori stranieri e quindi
contribuire allo sviluppo del Sudan.
Durante la sua visita a Khartoum, Kiir ha
persino affermato che la
secessione dal Sudan «non
è stata la scelta di tutti, ma della maggioranza che quando decide, in democrazia,
deve essere seguita dal popolo», lasciando intendere che non riteneva del tutto
giusta la scelta. Un’affermazione
molto forte che ha provocato notevoli reazioni ma che è stata subito corretta
dal portavoce di Kiir. Il presidente avrebbe infatti solo
espresso il concetto di unico popolo che vive in due stati sovrani
indipendenti.
Altra questione trattata è stata quella
dell’accoglienza dei profughi sud
sudanesi. Le Nazioni Uniti parlano di più di 450.000 rifugiati da quando nel
2013 è iniziati la guerra civile che sta causando la fame a 1,25 milioni di
persone, il doppio registrato nello stesso periodo dell’anno scorso.
Makuei ha annunciato la creazione di una dogana e di uffici per l’emigrazione
nei punti di passaggio tra i due Paesi già a partire dal mese di dicembre di
quest’anno. Il governo di Juba ha detto di apprezzare lo sforzo fatto
dal Sudan nei confronti dei rifugiati che scappano la guerra civile e di vedere
positivamente l’apertura dei punti di passaggio utili anche per il commercio.
Il gruppo ribelle Sudan People’s Liberation
Movement-in-Opposition (SPLM/A-IO), che fa riferimento a
Machar, non ha dato molta importanza a questo incontro e ha minimizzato i
recenti accordi stipulati tra i due stati. Opinione non del tutto infondata
visto che non è state trattata in modo chiaro e approfondito la vecchia
diatriba per cui il Sudan ha regolarmente accusato il governo di Juba di
aiutare i ribelle nelle zone di confine del Darfur, Nilo Azzurro, Nuba e Sud
Kordofan e, da parte sua, il Sud Sudan ha accusato Khartoum di aiutare il
gruppo ribelle capeggiato da Machar. Come pure non è stata affrontata la
questione della regione di Abyei, territorio ricco di petrolio e quindi
fortemente contestato dai due Paesi.
Certamente, accordi firmati tra due governi
sottoposti all’isolamento internazionale, accusati di crimini di guerra e
avviati al collasso economico lasciano ben poco da sperare per la loro
attuazione.
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