PIERRE NKURUNZIZA AL SUO UN TERZO MANDATO
PIERRE NKURUNZIZA AL SUO UN TERZO MANDATO
PRESIDENZIALE IN BURUNDI
Non sono bastati mesi di proteste e scontri, pressioni internazionali e boicottaggio da parte dell’opposizione, a fare rinunciare l’attuale presidente del Burundi Pierre Nkurunziza ad un nuovo mandato presidenziale. Si tratterebbe del terzo mandato consecutivo, malgrado la Costituzione burundese ne autorizzi al massimo due.
Un clima di forte tensione ma anche di poca trasparenza ha caratterizzato questo appuntamento elettorale.
A dare manforte al presidente è infatti intervenuta la Corte Costituzionale burundese che ha ritenuto valida la ricandidatura di Nkurunziza perché era stato scelto la prima volta dal Parlamento e non eletto dal popolo. Si è tuttavia trattato di una decisione obbligata, come ha dichiarato il vice presidente della Corte Sylvere Nimpagaritse ora in esilio in Ruanda.
A nulla è valsa la richiesta di rinvio delle elezioni, da parte soprattutto dei paesi della Comunità dell'Africa orientale (Eac), e la mediazione del Presidente dell’Uganda Yoweri Museveni, che ha invano incontrato le varie parti in causa. Il rinvio c’è stato, ma solo di qualche giorno, e il mediatore nominato ha potuto fare ben poco essendo lui stesso presidente dell’Uganda da circa 30 anni senza interruzione.
Inutili quindi i tentativi di fare tornare, se non la pace, almeno il dialogo fra le parti. Molto più incisivo invece l’interesse dimostrato dalle comunità internazionali che hanno condannato la credibilità delle elezioni e la legittimità dei risultati.
Un clima di forte tensione ma anche di poca trasparenza ha caratterizzato questo appuntamento elettorale.
A dare manforte al presidente è infatti intervenuta la Corte Costituzionale burundese che ha ritenuto valida la ricandidatura di Nkurunziza perché era stato scelto la prima volta dal Parlamento e non eletto dal popolo. Si è tuttavia trattato di una decisione obbligata, come ha dichiarato il vice presidente della Corte Sylvere Nimpagaritse ora in esilio in Ruanda.
A nulla è valsa la richiesta di rinvio delle elezioni, da parte soprattutto dei paesi della Comunità dell'Africa orientale (Eac), e la mediazione del Presidente dell’Uganda Yoweri Museveni, che ha invano incontrato le varie parti in causa. Il rinvio c’è stato, ma solo di qualche giorno, e il mediatore nominato ha potuto fare ben poco essendo lui stesso presidente dell’Uganda da circa 30 anni senza interruzione.
Inutili quindi i tentativi di fare tornare, se non la pace, almeno il dialogo fra le parti. Molto più incisivo invece l’interesse dimostrato dalle comunità internazionali che hanno condannato la credibilità delle elezioni e la legittimità dei risultati.
Elezioni non libere né credibili che, come c’era da aspettarselo, hanno avuto un risultato del tutto scontato con la vittoria di Nkurunziza. Bassa l’affluenza alle urne, secondo i giornalisti presenti in alcuni seggi, mentre il presidente della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI), Pierre-Claver Ndayicariye, parla addirittura della partecipazione di circa il 70% dei votanti, una percentuale sospetta se si considera che circa 62% gli aventi diritto al voto si oppongono al terzo mandato di Nkurunziza e che l’opposizione aveva invitato gli elettori a boicottare l’appuntamento elettorale. Militanti delle coalizioni di opposizioni hanno tuttavia denunciati di essere stati costretti a votare e questo giustificherebbe il 19% di voti ottenuti dal candidato dell’opposizione Agathon Rwasa che ora siede in Parlamento.
Poco è cambiato dopo le elezioni del 21 luglio, anzi si tenne solo l’escalation delle violenze cui sembrerebbe reagire con forza e decisione la polizia. Si parla di più di 70 vittime dall’inizio degli scontri.
Il Governo va avanti con la sua folle corsa e attacca anche il vicino Ruanda, accusandolo di aver inviato esperti militari per organizzare il fallito colpo di Stato di maggio e la ribellione in atto. Il ministro burundese degli Affari Esteri ha anche dichiarato che reparti dell’esercito ruandese hanno oltrepassato la frontiera e attaccato le forze governative.
Continua intanto la fuga dal paese con cifre abbastanza elevate se si pensa che solo in Tanzania, secondo Medici Senza Frontiere, arrivano ogni giorno circa 1000 persone e la cifra totali dei profughi burundesi sparsi negli stati limitrofi ha raggiunto quota 178.000.
Si parla ora della formazione di un governo di unità nazionale, ma il delegato del Forum per il rafforzamento della società civile (FORSC), organizzazione sostenuta dall’Unione Europea, Vital Nshimirimana rifiuta categoricamente Nkurunziza a capo del nuovo governo.
La situazione rimane molto tesa e si teme che l’esito possa influire sulle prossime elezioni previste nel 2015 in Uganda e Ruanda, ma anche in altre paesi africani, che, se andrà bene a Nkurunziza, avranno la strada spianata per nuovi mandati.
Indubbia è invece la creazione dei presupposti per una guerra civile.
Poco è cambiato dopo le elezioni del 21 luglio, anzi si tenne solo l’escalation delle violenze cui sembrerebbe reagire con forza e decisione la polizia. Si parla di più di 70 vittime dall’inizio degli scontri.
Il Governo va avanti con la sua folle corsa e attacca anche il vicino Ruanda, accusandolo di aver inviato esperti militari per organizzare il fallito colpo di Stato di maggio e la ribellione in atto. Il ministro burundese degli Affari Esteri ha anche dichiarato che reparti dell’esercito ruandese hanno oltrepassato la frontiera e attaccato le forze governative.
Continua intanto la fuga dal paese con cifre abbastanza elevate se si pensa che solo in Tanzania, secondo Medici Senza Frontiere, arrivano ogni giorno circa 1000 persone e la cifra totali dei profughi burundesi sparsi negli stati limitrofi ha raggiunto quota 178.000.
Si parla ora della formazione di un governo di unità nazionale, ma il delegato del Forum per il rafforzamento della società civile (FORSC), organizzazione sostenuta dall’Unione Europea, Vital Nshimirimana rifiuta categoricamente Nkurunziza a capo del nuovo governo.
La situazione rimane molto tesa e si teme che l’esito possa influire sulle prossime elezioni previste nel 2015 in Uganda e Ruanda, ma anche in altre paesi africani, che, se andrà bene a Nkurunziza, avranno la strada spianata per nuovi mandati.
Indubbia è invece la creazione dei presupposti per una guerra civile.
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