ELEZIONI FARSA IN BURUNDI, LA PROTESTA CONTINUA CON IL RISCHIO DI NUOVA GUERRA CIVILE

Il 29 giugno si sono tenute in Burundi le elezioni legislative e amministrative. Si attendono ora i risultati che dovevano essere resi noti nella giornata di ieri. Circa 3,8 milioni cittadini sono stati chiamati alle urne per questo primo appuntamento che prelude alle elezioni presidenziali del prossimo 15 luglio e quella del senato del 24 luglio. Appuntamenti elettorali che presidente uscente Pierre Nkurunziza ha voluto ad ogni costo, rifiutandosi di posticipare la consultazione nonostante le richieste avanzate dalla comunità internazionale allarmata dalla situazione di violenza che incombe sul paese da ormai due mesi.
Proteste e manifestazioni di piazza, arresti – più di mille, intimidazioni, chiusura dei media indipendenti, uccisioni indiscriminate, esodo di massa che ha raggiunto la quota di 146mila, sono seguiti alla notizia di fine aprile della ricandidatura di Nkurunziza che è considerata illegittima perché si tratterebbe di un terzo mandato vietato dalla costituzione burundese. Una violazione cui risponde lo stesso Nkurunziza avvalendosi del fatto che il suo primo mandato non può essere considerato tale perché ottenuto attraverso una nomina e non dopo un’elezione popolare. Il Presidente non è nuovo a queste proteste che si erano verificate anche durante le presidenziali del 2010.
Questa mancanza è quindi solo l’ultimo atto di un Presidente poco amato dal suo popolo, ma che intende mantenere fermamente il suo attuale status e a nulla è valso itentativo di colpo di stato da parte dell’ex capo di stato dei servizi segreti, il generale Godefroid Niyombare, di cui non si hanno ora più notizie.
Dopo la richiesta di rinvio delle elezioni e il suo mancato accoglimento, prima l’Unione Europea e poi l’Unione Africana hanno ritirato i loro osservatori. Lo stesso hanno previsto di fare gli Stati Uniti che non vedono le condizioni necessarie affinché si svolgano elezioni credibili, richiamando Nukurunziza “a porre il bene dei cittadini del Burundi al disopra delle sue ambizioni politiche e a dialogare con l’opposizione e la società civile per trovare una soluzione a questa profonda crisi”, come ha dichiarato il portavoce della Casa Bianca in un comunicato del 2 luglio. Gli Stati Uniti hanno anche interrotto diversi programmi di assistenza al Burundi, riconoscendo gli abusi della polizia durante le manifestazioni.
Come nel 2010, l’opposizione ha deciso di boicottare le elezioni considerate, secondo quanto dichiarato in un documento pubblico, “una parodia elettorale” e ha invitato la popolazione a fare lo stesso.
Si tratta della peggiore crisi politica nel Paese dalla fine della guerra civile nel 2005. L’esodo di molti civili non gioca sicuramente a vantaggio della pace, e la presenza di armi nelle mani dell’opposizione lascia temere il peggio.Il primo turno elettorale, quello delle legislative,  è nato in un clima di forte tensione e, in una simile situazione è diventato poco credibile. Molti scrutinatori non si sono presentati ai seggi che sono stati poi gestiti da giovani e giovanissimi reclutati al momento.
Discordanti le versioni sull’affluenza alle urne – bassa per l’opposizione, alta secondo il CNDD-FDD, il partito al potere – che ha visto la partecipazione forzata di alcuni cittadini; ciò spiegherebbe i voti andati all’opposizione nonostante la richiesta di boicottaggio.
Comunque un’apparente calma aveva fatto seguito alle votazioni e alle celebrazioni per il 53° anniversario dell’indipendenza del paese il 1° luglio. In realtà, erano state dispiegate ingenti forze di sicurezza per permettere la partecipazione del Presidente alle manifestazioni e, lo stesso giorno, ben sei persone – un poliziotto e cinque civili – erano state uccise in scontri che si sono verificati a Cibitoke, un quartiere di Bujumbura, roccaforte degli oppositori. Dal resoconto emergerebbe che altri quattro agenti di polizia, ma anche civili che vivono nel quartiere, sarebbero rimasti feriti, ma la notizia non è confermata da nessuna fonte indipendente perché il quartiere di Cibitoke è stato completamente chiuso. Intanto Nkurunziza attende, assieme al partito al potere, una vittoria schiacciante, un risultato abbastanza scontato visto che dai campi profughi non è possibile votare e, come nel 2010, il boicottaggio dell’opposizione ha lasciato campo libero a Nkurunziza.

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