BURUNDI: L’OPPOSIZIONE STRANAMENTE SI “NORMALIZZA”

HA GIURATO A SORPRESA PER IL TERZO MANDATO IL CONTESTATO PRESIDENTE DEL BURUNDI, L’OPPOSIZIONE STRANAMENTE SI “NORMALIZZA”


Entro il 26 agosto, il nuovo presidente del Burundi doveva prestare giuramento davanti al Parlamento, e così è stato: Pierre Nkurunziza ha dato avvio, giovedì 20 agosto, al suo terzo mandato presidenziale che durerà fino al 2020.
Tutto come da protocollo, se non fosse che la cerimonia, svoltasi nel palazzo Kigobe della capitale Bujumbura, è stata annunciata due ore prima della sua celebrazione sul profilo Twitter del presidente. Da lì, la giustificazione per l’assenza di capi di stato stranieri.
Altro fatto inaspettato sono state le congratulazioni pubbliche fatte da Agathon Rwasa, grande oppositore di Nkurunziza, oggi vice presidente del parlamento. Promotore del boicottaggio delle elezioni di fine luglio, questo gesto rende poco convincente la sua decisione a volere comunque fare parte del governo – dopo avere guadagnato 19% dei voti – per il bene del popolo perché, al suo dire, in una posizione privilegiata per il dialogo tra le parti.
Nkurunziza ha quindi seguito la sua agenda politica, ignorando le pressioni internazionali, le continue proteste di piazza, le centinaia di morti registrate da aprile, l’esodo di circa 2% della popolazione, l’uccisione, ad inizio agosto, del suo braccio destro, il generale Adolphe Nshimirimana.
L’evento non ha mutato la posizione delle organizzazioni internazionali che continuano a parlare di riconciliazione e chiedere l’apertura di un dialogo. Per ora, non si spingono oltre, anche se avevano contestato la ricandidatura di Nkurunziza e la legittimità delle elezioni. Di destituzione del contestato presidente parla invece la coalizione di opposizione CNARED (consiglio nazionale per il rispetto degli accordi di Arusha e la restaurazione di uno stato di diritto) che, in un comunicato, definisce la cerimonia un vero e proprio “colpo di grazia” e non l’investitura di un presidente.
In realtà, il problema non è tanto il mancato rispetto dell’accordo di Arusha, che vieta un terzo mandato, ma il personaggio Nkurunziza, poco amato dalla popolazione che non ha visto progressi e sviluppi durante i suoi anni di presidenza.
La situazione attuale del Burundi rimane molto tragica, non solo per le violenze che sono all’ordine del giorno, ma anche per le ripercussioni economiche che la crisi politica sta provocando, con l’esportazione al ribasso e i costi elevati dei beni primari. Due fatti da non sottovalutare dato che l’economia burundese dipende principalmente dall’esportazione del caffè e del tè e che già più di metà della popolazione soffre di malnutrizione.
Metà del bilancio del Burundi deriva inoltre dagli aiuti internazionali che sono molto a rischio. L’Unione Europea ha già operato tagli e gli Stati Uniti minacciano di fare uscire il Burundi dall’AGOA, il piano di sviluppo e crescita dell’Africa. La GIZ, un’agenzia tedesca per lo sviluppo globale, ha oggi tagliato i suoi aiuti al Burundi. Una marcia d’arresto si farebbe sentire anche nei progetti di sviluppo dell’EAC, Comunità dell’Africa Orientale, di cui fa parte anche il Burundi.
Non da sottovalutare le ripercussioni che questa situazione sta avendo nei paesi vicini. La Tanzania non riesce a fare fronte all’arrivo dei profughi del Burundi, mentre la Repubblica Democratica del Congo, che si prepara per le elezioni presidenziali del 2016, potrebbe prendere a modello l’esperienza burundese per riconfermare il presidente uscente, creando quella specie di “eterno potere”, deleterio per lo sviluppo e la crescita di un paese. Grande tensione con Paul Kagame, presidente del Ruanda, che aveva invitato Nkurunziza a ripensare alla sua ricandidatura ed è stato anche accusato da alcuni esponenti dell’entourage del presidente burundese di dare ospitalità a ribelli e oppositori.
La stabilità del Burundi diventa quindi importante per molti paesi dell’Africa orientale, un po’ meno per le comunità internazionali che inneggiano al dialogo, senza mettere in discussione l’illegittimità di Nkurunziza, rischiando di dovere ricordare, in futuro, un’altra guerra, senza intervenire, nel presente, per impedirla.


Il Quotidiano Nuovo, 23 agosto 2015

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