ARMENIA: FOCUS SULL’AFFAIRE SAFAROV SULLA STAMPA SILENZIO SULLA GRAZIA

IL PROVVEDIMENTO DI CLEMENZA CONCESSO DALL’AZERBAIJAN RISCHIA DI AVERE GRAVI CONSEGUENZE SUL PIANO DEI RAPPORTI INTERNAZIONALI



L’Armenia è tornata sulle prime pagine dei giornali. Non per raccontare la sua storia più che bimillenaria, né per il suo popolo che fu il primo ad adottare, nel 310 a.C., il cristianesimo come religione ufficiale; nemmeno per un accenno alla complessa, e ancora aperta, questione del genocidio armeno. Qualcosa si è sentito dire della visita del ministro della difesa italiano Giampaolo De Paola nella capitale armena Yerevan, lo scorso 17 ottobre. Grande importanza si è invece dato a questo stato, asiatico per posizione geografica ma europeo per storia e cultura, in occasione della partita di qualificazione ai mondiali di calcio disputata il 12 ottobre.
Suona un po’ strano che l’Armenia sia alla ribalta dei giornali con eventi di questo tipo, quando le notizie importanti che riguardano questa roccaforte ‘paneuropea’ vengono quasi taciute. Così è stata, e continua ad essere ignorata la notizia, e soprattutto le conseguenze, della grazia concessa dal governo dell’Azerbaijan a Ramil Safarov, un militare azero, condannato all’ergastolo in Ungheria per avere ucciso il sottotenente armeno Gurgen Margaryan con ben ventisei colpi d’ascia mentre questo dormiva.
I fatti risalgono al 2004, quando Safarov e Margaryan frequentavano a Budapest un corso di lingua inglese nell’ambito del programma Nato “Partnership for Peace”. Safarov, originario della contesa provincia Nagorno Karabakh, ha difeso il suo gesto dichiarando che l’omicidio è stato perpetrato per vendicare i circa 30mila morti della guerra degli anni ’90 che ha interessato quel territorio. Un omicidio efferato con una forte componente razziale per cui l’imputato fu condannato in primo grado all’ergastolo dal tribunale ungherese, senza il diritto di domandare grazia per 30 anni. La sentenza è stata motivata dalla brutalità e premeditazione del crimine, nonché dal mancato pentimento dell’imputato e la pena fu confermata in appello.
Dopo la condanna, la vicenda è finita nel nulla per quasi 10 anni, fino al 31 agosto quando l’Ungheria ha concesso l’estradizione a Safarov, con la garanzia, da parte del governo dell’Azerbaijan, che il militare avrebbe scontato la sua pena in patria. Il presidente azero, Ilham Aliev, lo ha invece graziato, conferendogli addirittura il grado di maggiore oltre a numerose onorificenze.
Sullo sfondo della vicenda, c’è senza ombra di dubbio la questione irrisolta del Nagorno Karabakh, la provincia a maggioranza armena, ricca di petrolio, che si è dichiarata unilateralmente indipendente dall’Azerbaijan. Un territorio importante per l’Armenia, povera di risorse, che subisce il blocco di comunicazione da parte dell’Azerbaijan e della Turchia.
Critiche dure, sia all'Azerbaijan sia all'Ungheria, sono arrivate ufficialmente dalla Casa Bianca e dal Cremlino. Il presidente armeno, Serzh Sargsyan, ha dichiarato, dal canto suo, di non volere la guerra ma di essere pronto a combattere se dovesse essere necessario ed ha prontamente rotto i suoi rapporti diplomatici con Budapest, evitando anche di presenziare il vertice della Comunità degli Stati Indipendenti organizzato in questi giorni proprio nella capitale dell’Azerbaijan, a Baku. Ha quindi ceduto la presidenza alla Russia che non vanta certo rapporti distesi con l’Azerbaijan, in particolare per il suo sostegno all’Armenia dove ha localizzato una delle più importanti basi militari ed una centrale nucleare vicino alla capitale Yerevan.
Insomma, un clima di tensione che non sembrava preoccupare molto l’Azerbaijan, non solo fonte importante di gas e petrolio per l’Europa, ma, nel contesto attuale, anche un alleato prezioso ai confini con l'Iran. Società statunitensi hanno inoltre investito miliardi di dollari nei giacimenti di petrolio e gas naturali azeri e la Nato si serve degli aeroporti dell'Azerbaijan per il rifornimento in Afghanistan. Infine, Baku ha dimostrato di avere rapporti distesi con Tel Aviv ed ha speso più di un miliardo di dollari in armamenti israeliani.
Una situazione molto difficile dai molteplici risvolti che potrebbe avere conseguenza su larga scala. In tutto questo, ben poco può fare l’Europa che ha tuttavia passato, a fine settembre, una risoluzione in cui condanna la grazia concessa a Safarov considerandola "un gesto che potrebbe contribuire ad aumentare le tensioni” e “una violazione delle garanzie date al governo ungherese”. Il Parlamento Europeo ha anche dichiarato che i negoziati in atto tra Baku e Bruxelles dovranno includere clausole che garantiscano “la difesa e riconoscimento dei diritti umani”. Un atto importante che rida fiducia al Parlamento Europeo, anche se i forti interessi economici frenano senz’altro prese di posizione risolute.
In questa vicenda, quello che lascia perplessi è comunque il generale silenzio su un fatto che ha grandi ripercussioni sulla stabilità politica ed economica europea, ma anche sui più importanti diritti civili internazionali.

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