KENYA: È EMERGENZA PROFUGHI ETIOPI
UNA SITUAZIONE CHE HA GRANDI CONSEGUENZE NEL PAESE GIÀ MOLTO IMPEGNATO NEL CONTROLLO DEL CONFINE
Quando il primo ministro etiope Hailemariam Desalegn ha improvvisamente dato le sue dimissioni il 15
febbraio scorso, decine di miglia di persone sono scese in strada per
festeggiare la fine di un governo caratterizzato da un forte clima di
repressioni politiche e profonda crisi economica.
Desalegn apparteneva a un’ampia colazione denominata “Fronte
Democratico Rivoluzionario del Popolo Etiope” (EPRDF), al governo
dalla cacciata del dittatore Menghistu nel 1991. La Coalizione comprende altri
tre grandi partiti suddivisi su base etnica e detiene in Senato il 100% dei
seggi.
Questa maggioranza schiacciante non
ha tuttavia impedito il formarsi di ondate di protesta con la richiesta di
maggiori libertà, proveniente
specialmente da gente appartenente alle etnie Oromo e Amhara che compongono i due terzi della
popolazione.
C’è infatti un netto squilibrio alla base
del sistema politico: Oromo e Amhara denunciano la propria
marginalizzazione a favore dei Tigrini che, con il 6% della popolazione,
di fatto controllano tutte le leve del governo nazionale e sono molto
radicati nel servizio di sicurezza militare. Altra fonte di disaccordo
riguarda il cosiddetto “Masterplan”, piano di sviluppo urbano del territorio
attorno alla capitale Addis Abeba a discapito degli abitanti della regione di
Oromo, la più grande e la più popolosa del Paese. Nonostante il progetto fosse
stato cancellato nel mese di gennaio 2016, le proteste sono continuate per un
evidente e comunque sempre presente malessere della popolazione.
Per tentare di mettere un freno agli
scontri e alle violenze degli ultimi mesi, il Governo ha rilasciato centinaia
di prigionieri politici all’inizio di febbraio, ma questa mossa si è dimostrata
inutile e quindi il Primo Ministro si è dimesso, non senza avere fatto sorgere
dubbi sulla sua reale volontà di farsi da parte, tanto che si era parlato di un
colpo di stato prontamente smentito dall’attuale Ministro della
Difesa, Siraj Fegessa. Si attende la prossima settimana per conoscere il
nome ufficiale del nuovo primo ministro.
All’indomani
delle dimissioni di Desalegn, le autorità hanno dichiarato uno stato di
emergenza di sei mesi che prevede una serie di restrizioni per mantenere l’ordine pubblico e garantire la
sicurezza. Fonti non ufficiali parlano di nuovi arresti di
leader politici e giornalisti precedentemente liberati dopo che è scattato lo
stato di emergenza.
Secondo un rapporto di Human Rights Watch,
più di 1000 sarebbero i manifestanti uccisi negli ultimi tre anni.
Solo tra il 3 e il 4 marzo, cinque persone
sono morte in scontri tra forze di sicurezza e dimostranti. Il 10 marzo nella
città commerciale di Moyale situata
nella regione Oromo e divisa fra le due nazioni dell’Etiopia e del Kenya, nove
civili sono stati uccisi e altri 12 sono stati feriti durante un’operazione
militare. Il Ministro della Difesa ha minimizzato l’accaduto parlando di un
semplice “incidente”: i civili
erano stati erroneamente identificati come appartenenti al gruppo secessionista
Fronte di Liberazione Oromo, attivo nella zona di Moyale. Gli
attivisti parlano invece di un attacco deliberato per seminare insicurezza
nella zona.
In preda al terrore, la popolazione
Oromo, stimata a 40.000 persone, ha cominciato a fuggire in massa
dalla città di Moyale per trovare rifugio in Kenya. Sarebbero più di 10.000 gli etiopi fuggiti
agli attacchi militari negli ultimi dieci giorni e il numero è destinato a
crescere.
Una situazione che ha grandi conseguenze
nel Kenya già molto impegnato nel controllo del confine. Fonti presenti sul
territorio affermano che sono visibili di notte le luci dell’esercito che
pattuglia la zona.
L’intensificazione
del conflitto potrebbe causare l’arrivo di molti profughi provenienti da un paese
che conta più di otto milioni di abitanti in stato di necessità alimentare e
quindi portare a una grave crisi umanitaria. Le forti piogge e l’insufficiente assistenza umanitaria rendono inoltre
molto difficile l’accoglimento dei profughi. Molti sono i feriti da arma
da fuoco ricoverati presso l’ospedale keniota di Moyale.
Tutto questo mentre il governo di Addis
Abeba parla del ritorno a casa dei profughi, il corrispondente della BBC
afferma che nessuno ha per ora intenzione di fare ritorno nelle proprie case e
diversi campi improvvisati sono stati allestiti nei territori limitrofi.
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