KENYA: QUESTIONI ETNICHE E INTERESSI INTERNAZIONALI
KENYA: KENYATTA VINCITORE TRA
QUESTIONI ETNICHE E INTERESSI INTERNAZIONALI
SONO ORMAI
LONTANI I TEMPI I CUI CI SI PREOCCUPAVA DELLA LEGITTIMITÀ DELL’OPERATO DELLA
COMMISSIONE ELETTORALE INDIPENDENTE (IEBC)
Le
elezioni presidenziali 2017 in Kenya sembrerebbero
finalmente essersi concluse con un Habemus presidentum, ‘abbiamo un
presidente’. La Corte Suprema keniota ha
infatti respinto all’unanimità i ricorsi presentati per contestare la
legittimità delle votazioni e ha quindi confermato, lunedì 20 novembre, la
vittoria del presidente uscente Uhuru Kenyatta, eletto lo scorso 26
ottobre.
Si trattava in realtà del secondo
appuntamento elettorale organizzato in Kenya dopo la decisione della stessa
Corte di annullare, per irregolarità, le precedenti votazioni tenutesi l’8
agosto. Anche in quell’occasione era uscito vincente il presidente Kenyatta.
Il provvedimento non può che essere favorevole alla democrazia
keniota che difficilmente avrebbe potuto reggere, soprattutto economicamente – le elezioni
di agosto hanno quasi raggiunto il costo di un miliardo di dollari – un altro appuntamento elettorale da tenersi entro 60 giorni e quindi il
terzo nel giro di solo 4 mesi.
Il giuramento di Kenyatta si terrà martedì 28 novembre, ma è molto probabile che non metterà la parola fine alla crisi politica del Kenya.
Il giuramento di Kenyatta si terrà martedì 28 novembre, ma è molto probabile che non metterà la parola fine alla crisi politica del Kenya.
Continuano infatti le proteste in molte zone del Paese e la
coalizione National Super Alliance (NASA), cui fa capo il leader
dell’opposizione Raila Odinga, ha organizzato, lo stesso giorno del
giuramento, un raduno presso il parco di Uhyru a Nairobi. La zona è stata già
interdetta agli esponenti della NASA. Quello che è certo è che ormai lo scontro politico è a due, tra
Kenyatta e il partito al governo Jubilee e Odinga con la coalizione NASA. I due contendenti
si erano già sfidati nel 2013, continuando una ‘battaglia’ famgliare nata negli
anni Sessanta. Kenyatta è infatti il figlio del primo leader del Kenya
indipendente mentre Odinga è figlio del primo vicepresidente keniano.
Sono ormai lontani i tempi i cui ci si preoccupava della legittimità
dell’operato della Commissione elettorale indipendente (IEBC), della morte, ad
una settimana dalle elezioni di agosto, di Chris Msando, manager del sistema
informatico elettorale, della deficienza del sistema elettronico di invio dei
dati ed infine del reale coinvolgimento della società britannica Cambridge
Analytica, che ha seguito la campagna di Kenyatta, nel processo elettorale.
Si parla spesso di ingerenze internazionali nelle questioni
africane, ma sembrerebbero essere in questo caso i candidati stessi a cercare
appoggi all’estero. Kenyatta dopo essere stato accusato dalla Corte Penale Internazionale (CPI) delle violenze
post-elettorali che, tra la fine del 2007 e l’inizio del 2008, provocarono
oltre 1.000 morti e 600 mila profughi – accuse archiviate nel 2014 per
insufficienza di prove e in parte per la sparizione o morte dei testimoni – ha
rivolto la sua attenzione e ha tessuto relazioni importanti con l’Oriente ed in
particolare con la Cina che sta investendo ingenti somme di denaro in
infrastrutture, costruzioni e telecomunicazioni. Questa scelta era stata
determinata dalla paura di eventuali sanzioni dell’Occidente e della Gran
Bretagna che aveva dichiarato di non volere avere contatti, anche minimi, con
chiunque fosse incriminato dal CPI. Una nota inviata dall’Alto Commissario
britannico in Kenya, Christian Turner, al ministro
degli affari esteri William Hague e a Justine Greening, ministro dello sviluppo regionale, e
divulgata da Afrika.com avrebbe confermata un coinvolgimento della Gran
Bretagna nelle elezioni del 2013 a sfavore di Kenyatta, coinvolgimento tuttavia
negato dallo stesso governo.
Mentre Kenyatta guarda all’Oriente, Odinga si rivolge all’Occidente. Dopo avere
deciso di ritirarsi dalla seconda tornata elettorale di ottobre, il leader
della NASA si è recato, non sembrerebbe a caso, in Gran Bretagna per parlare
della situazione del Kenya.
È stata poi la volta degli Stati Uniti, il 9 novembre, quando ha incontrato
vari esponenti del governo. Non ci è dato sapere cosa sia stato discusso in
quelle occasioni. Lo stesso Odinga ha dichiarato in un’intervista televisiva
che ‘nulla può essere rivelato’.
È risaputo come gli Stati Uniti siano molto
attenti ai risvolti delle elezioni in Kenya. Lo ha dichiarato pubblicamente
l’ambasciatore in Kenya Robert F. Godec in una
comunicazione il 30 ottobre. Il Kenya è infatti la porta verso il mercato
dell’Africa orientale e un alleato fondamentale nella lotta al terrorismo e per
la stabilizzazione della regione, dalla Somalia, all’Etiopia al Sud Sudan.
Un’attenzione internazionale non può quindi venir meno.
Quello che rimane di 4 mesi di scontri sul
fronte delle presidenziali keniote è uno scontro frontale tra i due rivali
Kenyatta e Odinga in cui s’insinuano contrasti etnici, rappresentando ognuno di
loro un’etnia diversa, e interessi internazionali per la sicurezza ma anche per
il controllo dell’economia dell’Africa orientale.
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