KENYA: CLIMA TESO E MINORANZA AL VOTO
KENYA: UNA MINORANZA AL VOTO,
IN UN CLIMA TESO
SOLO IL
34,5% DEGLI AVENTI DIRITTO HA VOTATO, IN 4 DISTRETTI NON CI È POTUTO VOTARE;
UHURU KENYATTA VINCE FORTE DI UNA MINORANZA CHE LO RENDE DEBOLE E A RISCHIO
CONTESTAZIONI
Sono puntualmente arrivate
all’aeroporto di Nairobi con provenienza da Dubai, mercoledì 25 ottobre, le schede
elettorali che sono state poi distribuite in tutto il Kenya, a dimostrazione che
le nuove elezioni presidenziali, previste per il giorno successivo ma fortemente
contestate dall’opposizione in seguito all’annullamento della rielezione del Presidente
Uhuru Kenyatta l’8 agosto scorso, si sarebbero regolarmente
tenute.
Erano attesi alle urne 19,8 milioni aventi diritto, ma l’affluenza è stata decisamente bassa. La Commissione Elettorale (IEBC) ha dichiarato che hanno votato circa il 34,5% degli elettori, dopo la comunicazione dei risultati di 267 delle 290 circoscrizioni, mentre la percentuale era stata ad agosto dell’80% – e in 4 distretti non si è potuto votare.
Erano attesi alle urne 19,8 milioni aventi diritto, ma l’affluenza è stata decisamente bassa. La Commissione Elettorale (IEBC) ha dichiarato che hanno votato circa il 34,5% degli elettori, dopo la comunicazione dei risultati di 267 delle 290 circoscrizioni, mentre la percentuale era stata ad agosto dell’80% – e in 4 distretti non si è potuto votare.
La
bassa affluenza sembrerebbe la risposta all’appello del leader dell’opposizione,
Raila Odinga della National Super Alliance
(NASA), di rimanere a casa e quindi di non votare.
Odinga chiedeva, infatti, che le elezioni si tenessero entro 90 giorni, lasso di tempo necessario per permettere alla IEBC di operare adeguate riforme alla legge elettorale per evitare nuovamente «irregolarità e illegalità» nei risultati. Non a caso, uno dei maggiori membri della Commissione, Roselyn Akombe, ha dato le dimissioni ed è volato negli Stati Uniti dopo aver dichiarato che le elezioni non possono essere «né libere né eque quando viene dato allo staff istruzioni all’ultimo momento sui cambiamenti tecnologici e sulla trasmissione elettronica dei risultati, quando in alcune parti del Paese la formazione dei presidenti dei seggi è fatta in tutta fretta per paura di attacchi da parte di oppositori».
Odinga aveva quindi ritirata, il 10 ottobre, la sua candidatura, ma è stato comunque inserito dalla Commissione tra i candidati alle presidenziali, non avendo seguito il protocollo per rendere valida la sua decisione. Il leader dell’opposizione è quindi rimasto in campo contro l’uscente Kenyatta del partito Jubilee assieme ad altri sei candidati: Ekuru Aukot (Thirdway Alliance), Abduba Dida (Alliance for Real Change), Cyrus Jirongo (United Democratic Party) e i tre indipendenti Joseph Nyagah, Michael Wainaina e Japheth Kaluyu.
Odinga chiedeva, infatti, che le elezioni si tenessero entro 90 giorni, lasso di tempo necessario per permettere alla IEBC di operare adeguate riforme alla legge elettorale per evitare nuovamente «irregolarità e illegalità» nei risultati. Non a caso, uno dei maggiori membri della Commissione, Roselyn Akombe, ha dato le dimissioni ed è volato negli Stati Uniti dopo aver dichiarato che le elezioni non possono essere «né libere né eque quando viene dato allo staff istruzioni all’ultimo momento sui cambiamenti tecnologici e sulla trasmissione elettronica dei risultati, quando in alcune parti del Paese la formazione dei presidenti dei seggi è fatta in tutta fretta per paura di attacchi da parte di oppositori».
Odinga aveva quindi ritirata, il 10 ottobre, la sua candidatura, ma è stato comunque inserito dalla Commissione tra i candidati alle presidenziali, non avendo seguito il protocollo per rendere valida la sua decisione. Il leader dell’opposizione è quindi rimasto in campo contro l’uscente Kenyatta del partito Jubilee assieme ad altri sei candidati: Ekuru Aukot (Thirdway Alliance), Abduba Dida (Alliance for Real Change), Cyrus Jirongo (United Democratic Party) e i tre indipendenti Joseph Nyagah, Michael Wainaina e Japheth Kaluyu.
Nonostante
l’appello di Odinga a non protestare, gli scontri tra oppositori e forze
dell’ordine non sono mancati e sono iniziati presto la mattina nel
quartiere di Kibera a Nairobi dove il seggio è andato quasi deserto, come peraltro
è successo in altre località. Almeno tre i morti accertati a metà pomeriggio ma
le proteste sono continuate anche dopo la chiusura dei seggi, causando altre vittime;
il bilancio secondo alcune fonti ieri si sarebbe chiuso con 6 morti e alcune decine di feriti.
Secondo i media sul posto la bassa affluenza sarebbe giustificata
dal fatto che, per esempio a Nairobi, molti hanno atteso di capire quanta gente sarebbe andata a votare prima di
decidere il da farsi, mentre in altri casi, anche coloro che vorrebbero votare, non riescono a farlo perché ci sono dei picchetti di civili nei pressi dei
seggi. Alcuni hanno anche accesso fumogeni nelle strade che
portano ai seggi. Fonti locali hanno denunciato odore di gas lacrimogeno nei pressi dei seggi di Mombasa,
segno che la Polizia ne ha sparato per disperdere la folla.
Il
Presidente della IEBC, Wafula Chebukati,
ha rimandato, per motivi di sicurezza,
a sabato 28 ottobre le votazioni nelle quattro contee di Homa Hay,
Kisumu, Migori e Siaya, peraltro roccaforti dell’opposizione, e in altri seggi
che verranno indicati ufficialmente solo oggi. Si teme tuttavia che le
stesse difficoltà possano ripetersi sabato.
Standone ai primi risultati,
come ampiamente previsto, l’uscente Kenyatta,
grazie anche al boicottaggio dell’opposizione, è vincente,
ma sembra inevitabile la contestazione della legittimità delle votazioni.
Quello
che è certo, è che se le elezioni non verranno nuovamente
invalidate, Kenyatta andrà avanti con un nuovo
mandato presidenziale alla mano. Odinga, dal canto suo, è deciso a continuare
la sua opposizione al Governo dello storico avversario e già ha annunciato, nei giorni scorsi, che il suo partito verrà trasformato in
«movimento
di resistenza» con la costituzione di una
«assemblea del popolo» per richiedere l’indizione di nuove elezioni entro 90 giorni.
Odinga in questa sua ‘battaglia’ potrebbe anche sperare nel supporto di alcuni Paesi
occidentali, a partire dagli Stati Uniti, come dimostra l’intervento dei 20 ambasciatori nelle ore precedenti l’apertura dei
seggi.
Si
teme possa ripetersi la situazione post-elettorale del 2007 quando più
di 1200 persone hanno trovato la morte, ma fonti governative rassicurano
che le violenze verranno evitate in un Paese che in questi ultimi mesi ha comunque
visto riemergere profondi scontri etnici che i due maggiori contendenti,
appartenenti a due etnie diverse – Kenyatta di etnia Kikuyu e Odinga Luo –, alimentano
fortemente.
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