RISVEGLIO DELL’AFRICA: TOGOLESI IN PIAZZA
MATURA UNA NUOVA COSCIENZA POLITICA E CIVILE NEL CONTINENTE?
Decine
di migliaia di persone sono scese in piazza in Togo lo scorso 6-7 settembre per
manifestare contro
il Governo di Faure Gnassingbé. La protesta è continuata nella
notte nella capitale Lomé con un sit-in e le forze di sicurezza hanno lanciato gas lacrimogeni per
disperdere i manifestanti. Non si sono finora registrati gravi
incidenti ma le notizie che giungono sono limitate.
La manifestazione, organizzata dalla
coalizione dei partiti di opposizione ma anche dalla società civile, era prevista nei giorni 30 e 31
agosto in risposta all’uccisione di due dimostranti durante le precedenti
proteste del 19 e 20 agosto organizzate nella città di
Sokodé, 338 km a nord della capitale.
Faure Gnassingbé ha assunto il potere ad interim nel 2005,
grazie all’appoggio delle autorità militari e al posto del portavoce
dell’assemblea nazionale, come prevedeva la legge. Con una serie di modifiche
alla Costituzione, ha vinto le elezioni lo stesso anno, non senza proteste di
massa – che hanno visto l’uccisione di circa 800 persone – e nuovamente nel
2010 – quando 40.000
togolesi fuggirono nei paesi vicini per paura – ed infine
nel 2015. Il
padre aveva a sua volta governato per ben 38 anni.
L’opposizione chiede drastiche riforme
politiche che includono principalmente i limiti
dei mandati presidenziali. Dopo anni di dittatura
dall’indipendenza del paese nel 1960, la
Costituzione del 1992 aveva previsto un limite di due mandati di 5 anni, ma era
stata poi modificata nel 2002 togliendo questa
restrizione.In risposta alle proteste, il
Governo ha immediatamente ridotto l’accesso a internet – «una misura che viene presa
anche nei paesi più sviluppati», così si è giustificato ad una
radio locale il portavoce del Presidente, Gilbert Bawara – e ha bloccato i social media,
ma ha anche pianificato alcune
riforme intese a spegnere gli animi. Una mossa che non ha convinto i manifestanti: la proposta avanzata dal
Governo di ridurre i mandati presidenziali a due non è retroattiva e
permetterebbe quindi a Gnassingbé di prolungare la sua carica.
In realtà, la vera richiesta è la
rinuncia da parte del presidente al suo attuale mandato,
segnando così la fine della “dinastia Gnassingbé”.
L’agenzia France Press riferisce di
dimostrazioni organizzate in diverse città del Paese che
pare abbiamo preso fine la mattina dell’8 settembre. Si è registrata anche una
manifestazione pro-governo organizzata dal primo Ministro Selorm Klassou che
ha richiamato all’unità nazionale.
L’ONU è intervenuta dichiarando che il Togo
deve limitare i termini del mandato presidenziale a due come
hanno già fatto altri paesi dell’Africa occidentale. Questo eviterebbe di dare
vita a una vera e propria crisi politica.
La storia del Togo non è tanto
diversa di quella di altri stati africani. Le difficoltà che
hanno conseguito l’indipendenza del paese dalla Francia nel 1960 e
l’instabilità politica che ne è derivata hanno portato al susseguirsi di colpi di stato, regimi dittatoriali, gravi casi di corruzione, elezioni non trasparenti e
soprattutto violazioni dei diritti umani.
Questo paese, piccola striscia di terra sulla
costa occidentale dell’Africa, è
stato per anni strada cruciale per il commercio illegale. Pur
essendo uno dei cinque produttori mondiale si fosfato, usato nei
fertilizzanti, l’economia
del paese dipende quasi completamente dagli aiuti internazionali.
La storia si ripete anche su altri piani: la cosiddetta società civile, organizzazioni non governative, come
dire il “popolo”, sta partecipando attivamente in diversi paesi africani alle
proteste e manifestazioni di piazza. È questo il segnale che
viene lanciato dal Togo, dal Kenya, dal Burundi, lo è stato anche per il Gambia
che ha visto l’elezione democratica di Adama Barrow e l’esilio dell’uscente Yahya Jammeh dopo
un iniziale rifiuto del risultato elettorale.
E non dimentichiamo il processo contro il
dittatore Hissène Habré tenutosi in Senegal: per la prima
volta un ex Capo di Stato africano è comparso davanti alla giustizia di un
altro paese per violazioni dei diritti dell’uomo e per la prima volta si è
svolto in Africa, a dimostrazione che uno stato africano è perfettamente in
grado di giudicare un ex dirigente.
Sono questi segnali di una certa presa di coscienza
dell’Africa e non è un caso che la storica formazione di
opposizione togolese si chiama Partito
Nazionale Panafricano (Pan).
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