KENYA: IL VIZIO DEL POTERE

L’AFRICA SUB-SAHARIANA È UNA FIORITURA DI PERSONAGGI CHE METTONO A PUNTO QUALSIASI STRATEGIA PUR DI NON ABBANDONARE IL POTERE




È di venerdì la notizia che la Corte Suprema del Kenya ha annullato il risultato delle elezioni presidenziali dell’8 agosto vinte dall’uscente Uhuru Kenyatta. La Commissione Elettorale Indipendente (IEBC) avrà tempo 60 giorni per richiamare il Paese alle urne.
È la prima volta che in Africa il risultato elettorale viene ribaltato per decisione di un tribunale che ha votato a favore della petizione presentata da Raila Odinga, principale sfidante e storico oppositore del vincitore.
Raila Odinga – leader storico dell’opposizione, sconfitto in altri tre precedenti appuntamenti elettorali – aveva inizialmente tentato, ma senza grandi risultati, di aizzare la popolazione contro l’esito delle elezioni. Ha quindi presentato un ricorso sostenendo la presenza di brogli dopo avere ottenuto il 44,81% dei voti contro il 54,31% di Kenyatta.
Secondo quanto dichiarato dal presidente della Corte, David Maraga, la Commissione avrebbe ignorato e mancato di organizzare la condotta del voto ‘secondo la Costituzione’.
Kenyatta, che non si è opposto alla decisione della Corte Suprema, ha espresso il suo ‘personale disappunto’, ma ha anche fatto appello alla calma generale.
Quanto alla Commissione, il presidente Wafula Chebukati non si è dimesso, come aveva richiesto Odinga, ma ha assicurato che ci sarà un profondo ricambio di personale, anche se il tempo a sua disposizione per operare un ricambio è decisamente poco.
Le reazioni internazionali sono state immediate e, se le elezioni avevano inizialmente riscontrato il parere favorevole delle Nazioni UnitedellUnione Africana e dellUnione Europea, anche il suo annullamento è stato visto favorevolmente.
Non sembrerebbe esserci niente di nuovo sul fronte africano dove da sempre chi governa fatica a lasciare il potere, spesso perché privi di successori ‘di fiducia’. Ne è chiaro esempio in Uganda Yoweri Musevenirieletto l’anno scorso dopo aver celebrato 30 anni di presidenza; molto longevi anche Teodoro Obiang Nguema della Guinea equatorialeJose Eduardo dos Santos dell’AngolaRobert Mugabe dello ZimbabwePaul Bya del Camerun.
L’Africa sub-sahariana è una fioritura di personaggi che mettono a punto qualsiasi strategia pur di non abbandonare il potere. Con una modifica alla Costituzione, Idriss Deby, governa il Ciad dal 1990; in Burundi Pierre Nkurunziza, attaccandosi ad un cavillo legislativo, si è presentato per un terzo mandato vietato dalla Costituzione del Paese  – pare che il suo primo mandato non conti perché non eletto ma soltanto nominato – e ha quindi vinto le elezioni trascinando il Paese in una grave crisi politica e umanitaria, con una spietata repressione degli oppositori.
Nella Repubblica del Congo Denis Sassou Nguesso guida il Paese dal 1979 al ’92 e dal 1997 a oggi. In Gabon, invece, la successione è dinastica: Omar Bongo ha governato il Paese per 41 anni, alla sua morte, nel 2009, è subentrato il figlio Ali. Joseph Kabila, alla guida della Repubblica democratica del Congo (l’ex Zaire) dal 2001, continua a rimandare le elezioni per avere il tempo di modificare la Costituzione e quindi presentarsi per un terzo mandato attualmente vietato.
Sarebbe tuttavia abbastanza riduttivo ricondurre la situazione attuale a una mera lotta di potere tra i due principali contendenti. Gli interessi in gioco sono molti e il caos politico potrebbe potare a scontri e violenze nel Paese.
Se il consistente afflusso alle urne, ben l’80% degli aventi diritti al voto – un record per la storia del Kenya – aveva dimostrato una grande fiducia nel processo democratico del Paeseviene riconfermata la divisione etnica del PaeseSi tratta infatti di un voto tribale dove letnia maggioritaria, i Kikuyuhanno fatto quadrato attorno al Presidente per difendere i loro privilegi ed impedire ai Luo (seconda etnia rappresentata da Odinga) di conquistare il potere. La scelta politica avrebbe orientato l’elettorato a diverse scelte visto l’alto tasso di disoccupazione, i prezzi alimentari lievitati esponenzialmente e la corruzione dilagante che attanagliano il Paese. Si potrebbe, quindi, ora rischiare di intensificare le tensioni etniche tra le due maggiori tribù del Kenya.
La situazione attuale con un ritorno alle urne potrebbe avere ripercussioni sull’economia del Paese che è la più forte di tutta l’Africa orientale ma che ha registrato quest’anno una flessione: si è passato dal 5,8% del 2016 al 5,5% nel 2017.

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