RICONOSCIMENTO DEL GENOCIDIO DEGLI ARMENI
È SCONTRO ANCHE UE-TURCHIA, MA IL GOVERNO ITALIANO RESTA IN PANCHINA
Continua l’ondata di tensione diplomatica generata
dalle parole di Papa Francesco che ha pubblicamente parlato di “genocidio”
riferendosi al massacro di un milione e mezzo di armeni perpetrato dal governo
ottomano durante la prima guerra mondiale. La reazione
della Turchia è stata immediata. Parole durissime sono state rivolte al
Pontefice che ha comunque mantenuto ferme le sue posizioni e che, in un
passaggio dell’omelia tenutasi ieri, ha dichiarato come “chi non sa dialogare
non obbedisce a Dio e vuole far tacere quanti predicano la novità di Dio”, parole
che suonano come risposta alla reazione turca al suo giudizio sull’eccidio
degli armeni. A rincarare la dose, l’approvazione a larga maggioranza da
parte del Parlamento Europeo di una risoluzione che “rende omaggio al milione e
mezzo di vittime armene” e che “deplora fermamente ogni tentativo di
negazionismo”. La Turchia è stata invitata a riconoscere il genocidio armeno,
riconoscimento che rappresenterebbe un primo passo verso la riconciliazione tra
i due paesi. I deputati hanno anche proposto l’istituzione di una giornata
internazionale per ricordare le vittime e non è mancato l’elogio al messaggio
di Papa Francesco del 12 aprile scorso. Il presidente turco Recep Tayyip
Erdogan aveva già anticipato che non avrebbe tenuto conto dell’esito della votazione
ma il risultato ha senz’altro irritato ulteriormente il governo di Ankara che
ha minacciato di espellere i 100 mila lavoratori armeni presenti in
Turchia. Intanto, continua
il braccio di ferro tra Turchia e Armenia sulle commemorazioni fissate il 24
aprile, quella appunto del genocidio armeno, che avrà luogo a Yerevan, e quella
voluta dal governo turco a ricordo del centenario della resistenza ottomana
allo sbarco delle forze alleate a Gallipoli. Erdogan avrebbe invitato più di
cento paesi ad assistere alle cerimonie turche e già 30 stati avrebbero
confermato la loro presenza. Non sono stati tuttavia resi noti i nomi dei
partecipanti. Quello che è certo è che alcune celebrità provenienti da
tutto il mondo, di origine armena e non, ma soprattutto il presidente russo
Vladimir Putin e l’omologo francese François Hollande hanno confermato la loro
presenza nel piccolo stato caucasico, mentre, a quanto rivelato da una notizia
non smentita, a rappresentare l’Italia alle commemorazioni armene non ci sarà
Matteo Renzi ma Fabrizio Cicchetto e Pier Ferdinando Casini, rispettivamente
presidenti delle commissioni Esteri di Camera e Senato. Una posizione in
linea con quanto accaduto durante la visita a Roma del presidente armeno Serzh
Sargsyan che ha incontrato solo Sergio Mattarella e alcuni ministri mentre il
presidente del consiglio ha rifiutato di riceverlo. Eppure l’ambasciatore
armeno a Roma Sargis Ghazaryan ci aveva creduto quando si era augurato che le
parole del Papa avrebbero portato “a una partecipazione dell’Italia al più alto
livello alla commemorazione”. Senza dubbi sono prevalsi gli interessi
economici che legano l’Italia con la Turchia e l’Azerbaigian, in disputa con
l’Armenia sulla sovranità del territorio del Nagorno Karabakh. Per
tenersi fuori dal contenzioso, pare che l’Italia abbia persino chiesto la
rimozione del termine “genocidio” dalle celebrazioni ufficiali organizzate
dall’Ambasciata della Repubblica d’Armenia in Italia. Si attende di vedere
cosa farà il presidente Usa Barack Obama che non ha ancora pronunciato la
fatidica parola – il “G-Word” di cui parla la stampa americana – anche se si
era espresso, in campagna elettorale, a favore del riconoscimento del genocidio
armeno. Gli eventi legati al centenario di quello che viene considerato il
primo genocidio del XX secolo hanno portato alla ribalta una questione da tutti
taciuta, facendo sì scoppiare tensioni latenti, ma anche permettendo agli
armeni di uscire da “cento anni di solitudine”, come Antonia Arslan definisce
la storia di quel popolo dal 1915 ad oggi.
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